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Archivio spettacoli Suoni e Scene
I VIRTUOSI DI SAN MARTINO
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I Virtuosi di San Martino in
La Repubblica di Salotto
Teatro Palazzo Santa Chiara - Roma
18/19/20 maggio 2012
25/26/27 maggio 2012
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Roberto Del Gaudio, voce
Antonio Gambardella, violino
Federico Odling, violoncello
Vittorio Ricciardi, flauto
Carmine Terracciano, chitarra
I Virtuosi di San Martino nascono nel 1994, quando debuttano al Teatro Cilea di Napoli con “Cosima e altre storie”, spettacolo dedicato alla celebre coppia di autori Pisano e Cioffi, con la regia di Francesco Silvestri.
La loro formula a cavallo tra teatro e musica, divisa tra avanspettacolo e opera, occhieggia e talvolta sbeffeggia la musica “colta” nella sua riduzione a luogo comune.
Alcune delle loro canzoni (‘O cineasta napulitano, So’tribbale, Il calipso del vegetariano, Alzati e cammina, Auguri per la macchina nuova, ed altre) sono ormai dei veri e propri piccoli cult per il loro pubblico. Del resto è proprio la forma canzone che i Virtuosi hanno prediletto per molti anni, e che ancora prediligono, essendo essa quella maggiormente legata –a loro giudizio- alle modalità di fruizione del pubblico dei nostri tempi. Inoltre i Virtuosi hanno reintrodotto un uso “tragico” del coro, rifacendosi sia ai poeti del grande teatro greco, sia all’opera lirica, sia però anche ai Beatles, a Zappa e ad altri.
Essi hanno la pretesa di avere inaugurato un vero e proprio stile, fondato sullo sprofondamento, e quindi sul superamento, dei “generi”, ritenendo che il teatro sia uno e che soprattutto la musica sia una. Tuttavia al termine contaminazione, che pure tanti critici hanno associato alle loro performances, essi prediligono il concetto di Teatro-Musica Frankenstein, di un teatro musicale cioè che smembri corpi di cadaveri (musicali e teatrali, appunto) per ricomporre una macchina a tratti mostruosa, a tratti comica.
Sinossi dello spettacolo
Si tratta di una ricognizione comica, ironica, sprezzante, “politically incorrect”, dell’ Italia di oggi, divisa tra nuovi autoritarismi ed esaltazione ottimistica di modelli televisivi, mediatici, fondati sul consumo e sull’arricchimento facile. Con, di pari passo, il declino della cultura di opposizione, incapace di produrre modelli di riferimento realmente alternativi, e che finisce con l’allinearsi alle proposizioni del potere, relegandosi in salotti dalle frequentazioni sempre più trasversali, all’interno dei quali si riperpetrano e si consolidano le forme sociali dominanti.
Tutti in un salotto “buono” a fare e a disfare, a dire e a contraddire, a organizzare piccole lobbies e futuro culturale del paese.
Con la solita comicità cattiva, i Virtuosi compiono un viaggio teatrale e musicale in questa nuova Italia, ispirandosi a Berhnard, a Petrolini, a Brecht, ed orchestrando questo percorso secondo le modalità care soprattutto a Kurt Weill, attingendo però dalle forme musicali più eterogenee.
Il tentativo è quello di istillare nei linguaggi correnti, nei luoghi comuni e nelle nuove acquisizioni culturali, il segno della crisi, il germe della risata liberatoria, convinti che sarà una risata a seppellire la piattezza dei nostri tempi.
Dunque un teatro musicale comico, irriverente, che non conosce e non vuol conoscere padroni, che non intende essere “di genere”, ma che anzi si prefigge di usare i cosiddetti “generi” per rivelarne l’inadeguatezza critica.
In questa Repubblica di Salotto, i Virtuosi scovano nuovi personaggi, nuovi mostri: dal cantautore morto alla giornalista televisiva, dal leccapiedi ossequioso al camorrista disoccupato, dal “moderato” al regista di teatro off.
Tutti eguagliati da un linguaggio ormai consunto, che, predisposto dai Virtuosi in veste teatrale, rivela comicamente il proprio tramonto.
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